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Quando, il 12 ottobre del 1492, Cristoforo Colombo e i suoi marinai misero piede su un'isola del continente americano, pensarono di essere giunti in prossimità del mitico Eden. Quella che si stendeva davanti ai loro occhi era una terra del tutto nuova, che mal si prestava all'identificazione con le pur mirabolanti descrizioni dell'Asia di Marco Polo e degli altri viaggiatori che avevano percorso la via della seta nel medioevo. Sebbene Colombo e tutti i primi cronisti ne avessero esaltato la meraviglia della natura, dei colori, degli odori, dei cibi esotici, nonché la bellezza degli indigeni e delle donne, la bellezza del Nuovo Mondo non salvò le popolazioni precolombiane e le loro terre dalla distruzione. Gli esploratori, i soldati e persino i missionari spagnoli non esitarono a massacrare implacabilmente quei popoli e quelle civiltà di cui avevano inizialmente tessuto le lodi. Nel nome di Cristo, ma più prosaicamente per l'oro, un intero continente fu devastato nell'arco di qualche secolo, con un saccheggio che perdura ancora nel tempo presente. La meraviglia, ma anche la comunicazione tra regni iberici e civiltà precolombiane, due mondi destinati a confliggere mortalmente, in particolare nel XVI secolo, è l'argomento di questo lavoro.